Il Fascino nel tradurre esplora l’attrazione fatale e il fascino esercitato sui traduttori dai ritratti femminili nella letteratura. Il potere seduttivo del fascino della femminilità è strutturato sull’elusività del testo, sull’indeterminatezza, sulla vaghezza, sull’ambiguità e l’ineffabilità. Il paradosso descrittivo (Kittay 1982) e traduttivo è che se la bellezza è vaga e ambigua, come epitomizza George Eliot nella descrizione di Gweldolen Harleth (“Era bella o non era bella?), il linguaggio della moda che incornicia spesso la bellezza femminile si poggia sul lessico specialistico che definisce i tessuti, le stoffe, lo stile, la produzione, l’origine. I marcatori di precisione nel discorso descrittivo del lessico della moda si interfaccia così con i marcatori di vaghezza e ambiguità, ma entrambi richiedono il tocco speciale del traduttore.
I traduttori nella loro ricerca di parole e significati possono così finire nel negozio di cristallerie ove un suono errato può anche incrinare i cristalli e la loro potenza di riflesso. Il sottotitolo sulle zanne dell’elefante del traduttore nel negozio di porcellane (“the tusks of the translator…in a china shop”) deriva dall’opera di Walter Benjamin Il compito del traduttore (Die Aufgabe des Übersetzers, 1923), tradotto in inglese come The Task of the Translator. Funziona come gioco di parole sull’omofonia della lingua inglese, dove avremo ‘compito’
(nell’originale tedesco Aufgabe) tradotto con task, (/ta:sk / in inglese britannico ‘quasi’ omofono a zanna di elefante, /tʌsk/). Multi-task sarebbe la definizione più adatta di fronte alle sfide continue del tradurre di fronte a barriere ideologiche, variabilità cross-culturale, costrizioni lessico-semantiche, e lessicografia multilingue.
Quindi, il corpus è una selezione di unità tematiche nell’ambito della letteratura comparata e delle loro traduzioni, che analizza le descrizioni visive e verbali, e include anche l’adattamento filmico del testo (tradaptation), e la traduzione inter-semiotica.
L’ispirazione parte da lontano, quasi un secolo fa, dall’opera di William Empson, Seven Types of Ambiguities (1930), dalla semiologia descrittiva di Philippe Hamon (Du Descriptif), e dalle pagine di Roland Barthes sulla moda (1967) e da quelle di Umberto Eco sulla traduzione della moda (Experiences in Translation, 2001).
Indeterminatezza, vaghezza, indefinitezza sono elementi del fascino che sfidano il traduttore nella rappresentazione dei simboli di seduzione. L’esplicitazione o l’anticipazione dell’informazione inevitabilmente creerebbe uno iato nella coesione e nella tensione emotiva che oscilla tra l’effabilità e l’ineffabilità nella traduzione (Steven Katz) e nel processo traduttivo. Il tropo retorico della preterizione come “impossibile a descriversi!” esplicitato dagli autori va così a correlarsi al silenzioso e segreto “impossibile a tradursi” nel dilemma dei traduttori. George Steiner lo riconosceva come “An Exact Mystery: Translation!”.