La traduzione è servita! Fa parte del percorso già iniziato sulla traduzione multipla di tematiche descrittive che hanno una specificità culturale, la tematica dei giardini e dei fiori, del paesaggio, del bacio. Sono stati analizzati più di cento autori, con i loro traduttori e traduzioni (italiano, inglese, altre lingue) nella letteratura di viaggio, racconti di avventura, nelle fiabe, nella letteratura diasporica, nelle ricette e nei menù, e nelle liste cibarie.
Il mondo nordico e protestante rispetto al mondo mediterraneo denota una distanza culturale e differenza nel trattamento del cibo nella narrativa e nella sua traduzione: niente liquori o caffè per Pinocchio, e niente vino nel cestino di Cappuccetto Rosso.
Ma quanto rimane di dolce aroma e di misteriosa essenza una volta che il cibo viene ‘consegato’ da una lingua all’altra, come, ad esempio dal francese e dall’italiano in inglese? Le cucine regionali offrono un panorama ricco di sorprese nelle dinamiche della globalizzazione.
Le variazioni diatopiche e diacroniche vengono quindi considerate. Prima del 2000, a Portorose (Slovenia) Picerja come traslitterazione fonetica era frequente: oggi è Pizzeria. Nel ricco scenario multilingue del Sud Africa abbiamo una Pizzeria Col’Cacchio, con una catena di ristoranti sia in Suf Africa che a Windhoek (Namibia). L’isola caraibica franco-olandese di Saint Martin reclamizza in inglese un ristorante con Istrian Cuisine.
La cucina e il lessico cibario non conoscono confini e l’orizzonte si va ad espandere in continuo contatto tra le lingue e le culture del mondo. La questione è anche traduttiva, come le domande. Quanto arabi sono i dolciumi e le paste siciliane del Gattopardo? Lidia Bastianich e I suoi scungilli a Manhattan ne sono un esempio interessante. La storia della Melting Pot ovvero della Grande Mela è intrisa di significati e simboli. Perché altrimenti James Hillman con Charles Boer si è messo a ‘tradurre’ il libro La Cucina del dr Freud? E perché Woody Allen mangia scapece? Se è a Manhattan, è importato da Napoli, ma il lemma esiste anche come imprestito nelle lingue caraibiche e si trova nei dizionari. Infatti, la matrice semantica è arabo-ispanica.
Per quanto atteneva all’Inghilterra, il giornalista Gianni Brera era abrasive, e scriveva di una “Albione, raffinata sul campo di calcio, ma barbara alla tavola”. Era vero? Chi poteva sospettare che nel lontano 1937 uno chef britannico dovesse “attaccare con turbolenza vivace” la pastella?
Oggi, con ristoranti cone Books for Cools e Royal China, Albione è al cuore della raffinatezza, con icone della cucina come Nigella Lawson, o Jamie Oliver che anche scrive di cucina umbra.
La traduzione è servita offre una vasta selezione di esempi di interpretazioni e traduzioni. Ogni cultura ha i suoi simboli e le sue metafore nella descrizione del cibo: non è sempre facile interpretare e ‘infornarle’ e passarle da uno stampo culturale a un altro. Nondimeno, il libro contribuisce all’introduzione dell’analisi critica comparativa su tematiche descrittive tra coppie di lingue, contatto linguistico, tra la globalizzazione e la localizzazione, tra identità e topofilia cibaria.
Recensione Corrado Arnaudo: TTR: Traduction, Terminologie, Rédaction. Figures du
traducteur/Figures du traduire, 19(1), 2006: 230-232.
https://www.erudit.org/en/journals/ttr/2006-v19-n1-ttr1809/016670ar/
https://doi.org/10.7202/016670ar https://go.gale.com/ps/anonymous?id=GALE%7CA182201728&sid=googleScholar&v=2.1&it=r&linkaccess=abs&i